1. Sapevamo quanto la crisi della politica fosse uno
dei portati specifici della globalizzazione capitalistica. Sapevamo,
inoltre, che in essa confluiva l’esito della grande e drammatica contesa
del Novecento. Su questa conoscenza abbiamo impiantato l’idea della “rifondazione”.
2. L’analisi critica delle nuove forme concrete di alienazione e di
sfruttamento del lavoro salariato, delle loro modificazioni e della
dilatazione del campo in cui esse operano ci ha portati a intendere il
senso più radicale della “rifondazione comunista”.
3. Le nuove forme di organizzazione del potere su scala mondiale prendono
il posto degli stati nazionali, delle antiche sovranità, dei sistemi di
alleanza, degli ordinamenti mondiali ereditati dalla vittoria contro il
nazifascismo e dalla guerra fredda. Questi non vengono cancellati ma
trasfigurati dalla nuova catena di comando che investe l’intero mondo.
Il problema della trasformazione della società capitalistica non si può
porre che a livello mondiale. Esso e il nuovo fondamento per la rinascita
della politica.
4. La nascita e lo sviluppo del movimento di critica alla globalizzazione
da luogo ad un fenomeno di valore strategico. Esso chiede di essere
interpretato anche alla luce di una ripresa del conflitto sociale e di
lavoro e dell’emergere di altre esperienze di partecipazione
conflittuale. La rifondazione comunista ha qui la sua prima risorsa,. Essa,
tuttavia, non è infinita.
5. La guerra infinita e indefinita trova nella dottrina Bush la sua
organica e terribile dichiarazione d’intenti e nel governo nord-americano
l’anello trainante della catena del potere del nuovo ordinamento
imperiale. Persino la guerra di civiltà diventa la maschera del pieno
dispiegamento della globalizzazione capitalistica e del suo carattere
intrinsecamente regressivo.
6. Il nuovo movimento per la pace deve sapersi porre l’obiettivo di
sconfiggere la guerra della globalizzazione capitalistica, combattendo
l’intero sistema di guerra su scala mondiale. Il carattere estremo di
questa guerra produce molte opposizioni, resistenze, non condivisioni
anche a livello degli stati e dei governi. Il movimento deve rapportarsi
attivamente a queste contraddizioni senza cadere nella delega di
attribuire ad esse la possibilità di fermare il processo. Solo la
crescita quantitativa, qualitativa, sociale, politica e culturale del
movimento ha questa possibilità. Essa può disvelare il nesso tra il
modello sociale neoliberista e guerra della globalizzazione e, quindi,
lavorare ad un’alternativa di modello di società. La rinascita della
politica passa per la lotta contro la guerra e per la pace. Se non c’è
pace senza giustizia, non c’è giustizia senza pace.
7. All’interno della politica mondiale, l’Europa è, per noi, la
dimensione minima necessaria per la rinascita della politica delle classi
subalterne. Il loro destino e la possibilità stesse di esercitare un
protagonismo passano per la partecipazione alla costruzione della via d’uscita
dalla crisi della politica. La conquista della pace e la trasformazione
dell’attuale società capitalistica saranno i terreni, tra loro connessi,
di questa impresa. L’Europa è il suo teatro minimo, inseparabile dal
mondo.
8. L’Europa , è tuttavia, solo un caso della più generale
globalizzazione capitalistica. Essa non esiste politicamente. Non è una
autonoma realtà geopolitica né una originale esperienza di democrazia e
di governo. Il fondamento di questo stato (che è tale malgrado le culture
che l’hanno arricchito e malgrado la sua straordinaria esperienza della
politica come espressione del conflitto di classe) risiede nel modello
sociale plasmante della globalizzazione e perciò sempre meno europeo. Ma
le antiche culture europee e le straordinarie esperienze politiche dell’Europa
rivelano ancora oggi una possibilità. Esse possono e devono essere messe
in rapporto ad un movimento che segna il nostro tempo. Il balzo di tigre
è possibile e necessario.
9. Sapevamo che le due onde lunghe e contrapposte dei nuovi processi
mondiali, l’una quella della globalizzazione capitalistica e l’altra
quella che propone un altro mondo possibile (e necessario) mettono in
crisi drammaticamente l’ipotesi riformista (anche se non necessariamente
le formazioni che ad essa si riferiscono). Il fallimento dell’ultimo
tentativo riformistico, quello del centro-sinistra, negli USA come in
Europa ha contribuito alla elezione, nella seconda globalizzazione le
destre come forze di governo.
10. La crisi, come la guerra, sono parte costituente della seconda
globalizzazione. La precarietà e l’incertezza non investono solo il
lavoro e la vita delle popolazioni ma l’economia e lo sviluppo
capitalistico. L’instabilità e l’incertezza sono la cifra del quadro
generale e di classe del capitalismo del nostro tempo. La corsa breve
della crisi della politica incontra la corsa lunga della crisi di civiltà,
segnata dalla tendenziale divaricazione tra innovazione e progresso
sociale. In questo quadro si approfondisce la crisi della democrazia.
11. Impariamo che la crisi della sinistra riformista nell’Europa
occidentale, resa evidente dall’intero ultimo ciclo delle elezioni è
nel suo pieno sviluppo e non viene sola. Essa si approfondisce invece che
risolversi nelle ricerche di uscite dalla crisi che concretamente si
divaricano in Europa come in ogni paese: da un lato la tesi della
governabilità propone un assetto neo-centrista che insegue la
globalizzazione e gli USA, dall’altro la ricerca di un nuovo percorso
riformistico la pone in tensione critica con quella tendenza di fondo.
L’instabilità e l’incertezza investono la sinistra riformista. Essa
non può più essere considerata come una realtà sostanzialmente
immodificabile.
12. Impariamo che la crisi della sinistra riformista e socialdemocratica
consuma ogni possibilità per le forze comuniste di definirsi in ragione
di esse. L’idea che, fissata un’identità storica ereditata dal
passato, si possa costruire una fase di transizione nella ricerca di un’alleanza
di governo con i riformisti esce da questo ciclo colpita a morte. Ma la
salvezza non si ricava neppure dal contrasto con la socialdemocrazia. In
realtà ciò che veniamo imparando è che alla crisi della sinistra
riformista, a fronte della globalizzazione dopo la sconfitta del ‘900,
si congiunge la crisi delle formazioni comuniste tradizionali. Simul
stabunt, simul cadent. Sapevamo che la rifondazione è necessaria per
ricostruire una prospettiva rivoluzionaria. Ora impariamo che è
necessaria per esistere.
13. La leva per il cambiamento è dunque la costruzione del nuovo
movimento operaio. L’Europa è uno dei luoghi deputati a questa nuova
costruzione del soggetto della trasformazione della società capitalistica
del 2000. E’, obbligatoriamente, il nostro luogo privilegiato di azione.
14. La costruzione in Europa di una sinistra di alternativa, quale
protagonista politica del nuovo ciclo, è questione decisiva per l’esito
generale dello scontro. La natura plurale dei movimenti chiede un soggetto
politico per sua stessa composizione capace di dialettizzarsi con essi nel
progetto di costruzione di “un altro mondo possibile”. La crisi della
politica richiede di uscirne attraverso la fondazione di un nuovo rapporto
tra la politica di sinistra, il conflitto e la società civile.
Rifondazione Comunista è condizione necessaria, ma non sufficiente di
questa più ampia ridefinizione. Dentro la costruzione di una sinistra
alternativa europea la rifondazione comunista può guadagnare un nuovo
orizzonte propulsivo e contribuire alla nascita della soggettività
politica necessaria a rendere credibile l’obiettivo di un’altra
Europa. Un’Europa autonoma, porta verso il sud del mondo, portatrice di
un modello sociale e politico diverso da quello della globalizzazione.
15. Le forze politiche rappresentate dal GUE e le forze politiche che si
collocano in Europa alla sinistra dell’Internazionale socialista sono
chiamate a questo compito per uscire dalla minorità. Ma la sinistra di
alternativa non può nascere su una discriminante di geografia politica.
Le sue discriminanti sono la radicale opposizione alla guerra e la
fuoriuscita dalle politiche neo-liberiste. La sua collocazione primaria è
all’interno dei movimenti di lotta del nostro tempo al fine di costruire
un alternativa di società. La riforma della politica è il suo modo di
esistere per ridare efficacia all’azione collettiva e per la rinascita
stessa della politica. Perciò nella nuova soggettività europea debbono
poter convivere a pari titolo partiti e organizzazioni sociali, politiche
e culturali diverse dai partiti. La sinistra di alternativa per operare la
trasformazione deve cambiare sé e il proprio modo di essere verso la
partecipazione, il pluralismo, la volorizzazione delle differenze e dell’autogoverno.
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